
Sono passati ormai 40 anni da quella sera autunnale del 23 novembre 1980, una data che ha segnato in modo indelebile la storia della nostra comunità. Abbiamo sentito moltissimi racconti legati a quel giorno, racconti di chi l’ha vissuto sulla propria pelle, che ci hanno dato solamente un’idea di cosa sono stati quei 90 secondi. Per commemorare i 40 anni, ho deciso di raccogliere le testimonianze degli uomini e delle donne che, spinti da un profondo senso di sensibilità e solidarietà, sono venuti in soccorso dei nostri compaesani, in particolare ho raccolto esperienze e storie dei volontari di Priverno, Terracina e Maenza, rivivendo quei momenti attraverso le loro parole:
“Esistono parole al mondo per descrivere l’orrore di un terremoto? Sicuramente sì, ma mio nonno non riusciva mai a trovarne di giuste per raccontare tutto il dolore che gli era passato davanti gli occhi, quando quel giorno è arrivato a Caposele. Il significato concreto di distruzione se lo era ritrovato davanti gli occhi, oramai quaranta anni fa. Quella distruzione e quel dolore che a distanza di anni, riuscivi ancora leggere nei suoi occhi verdi, come se fosse accaduto il giorno prima. Non l’ho mai visto piangere, nemmeno una volta, tranne quando due anni fa con la voce tremante e il cuore in gola era riuscito a raccontarmi qualcosa su quel disastro. Non è durato tanto poiché oltre che i ricordi, tornavano prepotenti le emozioni di quei giorni che raccontate sembravano più figlie di una scenografia di qualche film, che di uno spaccato di vita reale. Ogni tanto quando eravamo a casa insieme, lo trovavo con lo sguardo un po’ perso e sofferente, davanti a quei fogli di ringraziamento alla partecipazione di aiuto nei confronti della popolazione. Ma non ho mai avuto molto coraggio a chiedergli di raccontarmi a cosa fossero legati. Forse avrei dovuto o forse no, non lo saprò mai. L’unica cosa che so per certo, da come mi raccontava lui, è che non avrebbe mai scordato la sofferenza delle persone che aveva aiutato. Era un uomo che all’apparenza poteva sembrare freddo, ma dentro di lui nascondeva un grande cuore. E un pezzettino, anche minuscolo di quel cuore è rimasto, e rimarrà sempre a Caposele.”
Giulia Pasquarelli, in ricordo del nonno Luigi Ferrarelli
“Cari amici di Caposele, questo mio pensiero va a tutti quelli che ho conosciuto e non. Purtroppo, dato il momentaccio non possiamo incontrarci ma chissà, spero sia possibile quanto prima. Qualche ricordo di quando sono stato lì, la collina di Boiara, Mater Domini, le baracche costruite con i militari tedeschi, le scosse che rimbombano sotto di noi, la tragica devastazione. E’ stata una grande esperienza di vita perché stando lì si capiva chi aiutava per davvero e chi era in ferie.”
Evaristo Belli
“Sono passati 40 anni dal terremoto, ma i momenti passati nella vostra comunità sono rimasti indelebili nella mia memoria. Il ricordo più bello è aver fatto un campo base a Santa Margherita, facendo una mensa per dare un pasto caldo alla popolazione, una scuola per i bambini, con i quali instaurai un rapporto bellissimo. Io mi dedicavo a portare cibo e vettovaglie con una Renault 4 bianca, il pomeriggio invece censivo le abitazioni (quelle cadute e quelle rimaste in piedi), le persone e gli animali. Sono rimasto impressionato dai tedeschi che fecero un ospedale da campo con sale operatorie e sala rianimazione. Ricordo che per telefonare a mia moglie la sera dovevo fare due ore di fila perché c’era una sola linea telefonica.”
Sergio Bottone
“Porto sempre con me il campo di Santa Caterina con le giornate passate insieme ai bambini a fare ludoteca e a giocare al girotondo, cercando di sorridere con loro in quei momenti drammatici. Agli stessi bambini di allora, oggi padri e madri di famiglia, dico di giocare e fare ogni tanto un girotondo con i loro bambini o nipotini, per tornare di nuovo a sorridere. Un caloroso abbraccio a tutti voi.”
Domenico Mastrogiacomo
“È bello raccontare, tornare indietro e rivivere momenti con la memoria, un pezzo della mia/nostra biografia, vissuta con intensità emotiva, con la consapevolezza del tragico evento, appunto, che abbiamo portato con tutto l’impegno per sopravvivere alla nostra fragilità di questa drammatica esperienza. In riferimento a ciò la mia mente ritorna al faticoso viaggio prima di arrivare a quella zona desolata di Santa Caterina in Caposele, dove dopo aver passato la notte in precaria situazione, come altro non poteva essere, ci siamo risvegliati in un paesaggio con un silenzio parlante, che raccontava ciò che era accaduto, parlavano gli alberi e le piante, gli animali, le persone impaurite dietro gli usci delle case diroccate. Per poter portare il nostro contributo abbiamo cercato di trasformare il nostro dispiacere in una forza di volontà, sollevare i nostri animi per partecipare ad un processo di risanamento. Il nostro intervento iniziale è stato quello di intessere rapporti con questo luogo e con i suoi abitanti, portando fiducia, offrendo dei servizi e invitando alla collaborazione. I nostri contributi come la distribuzione di beni di prima necessità (faceva freddo e di erano necessarie coperte e vestiti pesanti) la mensa, la scuola, gli itinerari per censire ciò che non c’era più (in particolare sono stati censiti da noi gli animali). A distanza di tanti anni possiamo gioire per ciò che questa terra è riuscita a trasformare nell’orgoglio dei suoi abitanti. Ci siamo incontrati alcuni momenti, i bambini sono diventati adulti forgiati di coraggio. Grazie a tutti voi di Caposele.”
Caterina Picone
“Per gli amici Caposelesi, passano gli anni ma i ricordi legati a quel drammatico periodo sono vivi più che mai; per l’intensità delle emozioni provate, per la forza dei legami costruiti, per la consapevolezza di aver partecipato ad un grande movimento di solidarietà. Santa Caterina, i bambini che in quello spazio vissero con noi quei giorni: Geremia, Lorenza, Cettina e tanti altri, nelle ore della scuola e poi a mensa con cuochi e maestri volenterosi ma improvvisati; nel tempo libero con lo sforzo di trovare spazi di allegria e spensieratezza pure in quel clima di distruzione e sofferenza. E chissà se Cettina ricorda il pomeriggio che si presentò da sola al nostro campo, noi l’accogliemmo con una cioccolata calda ma poi dovemmo subire il rimprovero della mamma impaurita perché lei si era allontanata senza avvisare. La mente e il cuore sono pieni di ricordi che rimarranno sempre con noi a dispetto della distanza e del tempo che passa. È con questo spirito che rivolgiamo un grandissimo abbraccio a tutti gli amici/e di Caposele. A presto.”
Cinzia Lunardi e Federico D’Arcangeli
“Ricordi Futuri è il titolo del libretto – che volevo finire proprio per il quarantennale – poi però fermo – per cui questa paginetta – nata grazie all’invito perentorio del Forum Giovani di Caposele – ne rappresenta alcuni momenti in pillole con delle cose note a poche persone… Dovete sapere che fui io stesso a voler organizzare un campo di soccorso incentrato proprio sull’animazione per i bambini … idea che raccolse la entusiastica approvazione del Sindaco di Priverno di allora il compianto Ernesto Pucci. Ad appena sei giorni da quel tragico 23 novembre la colonna di mezzi e persone di Priverno era già in viaggio… e dopo varie disavventure ecco che arrivammo a Caposele e ci fu assegnata la zona di Santa Caterina vicino ad una bella casa che non aveva subito danni, lì intorno c’era un terreno pianeggiante ma VERAMENTE fangoso, tanto che il Tenente Alberto del gruppo Genio di Bologna ci mise due interi giorni di camion Astra carichi di breccia per renderlo praticabile, un caro ragazzo di cui non ho mai saputo il cognome….A cura degli operai dell’Ufficio Tecnico Comunale fu allestito il campo di tende… i gabinetti a fossa… la sala mensa – usando come pavimento il vecchio impalcato del ring donato dall’Associazione boxe di Priverno – il tutto coperto con del nylon e fu fatta pure una porta che serviva per “animazione”, di fatto non serviva perché anche all’interno della sala faceva tanto freddo !!! ma serviva invece a fraternizzare con il nuovo arrivato di turno che si invitava a gran voce “ehi chiudi la porta che tira corrente” e quando quello si alzava scusandosi di averla lasciata aperta tutti si mettevano a ridere… ed il ghiaccio era rotto… Poi siccome io – il responsabile del Campo – ero solito portare tante persone a cena per condividere esperienze e coordinare interventi operativi sul territorio – il capo cuoco, Ficarola Giovanni, che lavorava presso l’Ospedale di Priverno, nella ricorrenza del ventennale mi confidò che il nostro famosissimo brodo al peperoncino era nato come un deterrente per i troppi invitati in modo che non tornassero…. Mentre invece ne diventò una vera bontà richiesta da molti!!! Come ho già detto, io ho dovuto ricoprire per i 45 giorni del nostro campo il ruolo di responsabile del tutto e di tutti anche nei confronti dei ragazzi che frequentavano la nostra scuola per cui gli altri animatori quando volevano spaventarli gli dicevano buoni altrimenti chiamiamo il preside e vedrete voi… e questo mi faceva veramente male perché avrei voluto passare il mio tempo a giocare con loro… Ma una delle cose più belle di tutto il campo di animazione è stato il girotondo inventato dal piccolo Domenico Mastrogiacomo… che serviva anche per fare conoscenza tra i ragazzi che si presentavano dicendo il proprio nome e raccontando qualcosa di loro e poi finito il giro ognuno doveva ripetere tutti i nomi e se si sbagliava si pagava pegno!!! Il girotondo poi è stato ripetuto come segno di riconoscimento anche in occasione del ventennale, con lo stesso schema ripetendo i nomi dei componenti del cerchio!!! Questo è quanto… delle pillole di ricordi futuri … che ora vedono la luce dopo quarant’anni… e che continueranno a vivere nelle storie dei giovani eredi di quei ragazzi del campo di animazione di Santa Caterina, promosso e curato con amore dagli animatori del Comune di Priverno, insieme ad altri del territorio …. grazie per avermi invitato a condividerle con voi … con affetto Salvatore”
Salvatore Capirci
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